Io recensioni vere non ne so scrivere, l’ho detto e lo ripeto. Mi sono divertita a lungo a recensire per gioco i romanzi rosa, a stabilire quale punteggio totalizzassero i protagonisti maschili in una scala darcyana di valutazione (quella che ha Mr. Darcy di Pride and Prejudice come parametro fondamentale) e sciocchezze di questo tipo, ma davvero, non ho grandi doti di critico letterario. E nemmeno piccole, se è per questo. E prima che qualcuno ironizzi sul fatto che sarebbe ben strano averle queste doti, viste le mie preferenze “letterarie”, preciso che ho letto anche cose come Guerra e Pace e Le affinità elettive “senza obbligo” (“ma davvero lo leggi senza obbligo?” mi chiese una conoscente tedesca quando mi vide infilare il buon Wolfgang nella borsa da mare), esoleggerdigrecoedilatinoeblablabla.
Però ci sono dei libri per i quali mi piacerebbe davvero saper scrivere una bella recensione e Il tensore di Torpeterra di Emanuele Vannini è sicuramente uno di questi. Ho amato da subito questo libro, fin dalle prime pagine, anzi fin dal titolo che non avevo idea, nemmeno vaga di cosa significasse (pensavo che quella del tensore fosse una specie di carica, immaginavo non so nemmeno perchè, una specie di giudice). Ho amato la sua ironia lieve (a momenti ho riso proprio forte, eh!), la capacità di raccontare cose anche terribili, senza costringerti a distogliere lo sguardo, il suo modo di mostrare le persone nel loro lato più umano e bello (ecco, questo avrei proprio voluto dirlo diversamente, perchè così davvero non rende pienamente l’idea, ma non mi vengono altre parole). E non mi capita spesso ultimamente di trovare caratteristiche come queste in un libro, forse solo nei libri dei bravi scrittori per ragazzi. Ci ho passato l’intera serata del sabato con Il tensore di Torpeterra e ci ho fatto quasi l’alba affondando nella notte senza riuscire a smettere ma con tranquillità, perchè libri come questo riescono anche a farla diventare buona la notte. E io, davvero, a un libro non riesco a chiedere di meglio.
BISUS 
Che bello quello che scrivi. Fai venir voglia di mettersi a scrivere per sentirsi dire lo stesso. O provarci almeno.
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Tu scrivi, Simone. E la tua scrittura mi ha portato a questo libro.
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questa è assai meglio di una recensione. le recensioni sono fredde e tecniche, per lo più. questa è una lettera d’amore. finisce che mi devo procurare questo libro.
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Ecco, lettere d’amore, quelle si che le so scrivere! 😉
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Allora siamo in due a non avere doti (grandi o piccole che siano) per scrivere una recensione… Certo è che però, a mio modo di vedere, tu sai districarti nell’immenso mare di parole della lingua italiana più di quanto non sappia fare io. Non so come dirtelo, per non… farti arrossire… o per arrossire io per la (forse) demenziale panzana che sto per scrivere, ma tu riesci a trasmettere in chi ti legge la tua passione per quello che leggi… E li tieni incollati lì, a leggere le tue sensazioni, le tue emozioni, quello che ti ha suscitato il libro. E mentre legge, il lettore è lì, insieme a te… Grazie Sandra! 🙂
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Mi sa che siamo molti di più Luca, compresi molti di quelli che sono convinti di saperle scrivere. Qualche giorno fa ne ho letta una su L’amica geniale della Ferrante, l’ho dovuta rileggere tre volte senza capire una parola nemmeno alla terza! Grazie a te Luca 🙂
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Mi fa un gran piacere, che ti sia piaciuto. Grazie!
Emanuele
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Grazie a te Emanuele. Tutte le volte in cui un libro incontra il “suo” lettore e un lettore il “suo” libro, succede qualcosa di speciale.
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