In pista

pattini
E’ vero, sull’opportunità di costruire ben due piste di pattinaggio in una città come Cagliari se ne potrebbe discutere a lungo, ma il fatto è che quelle piste ci sono e se tuo figlio ti chiede di portare i suoi amici a pattinare per festeggiare il suo compleanno tu alla fine lo accontenti. E così mi sono ritrovata lì con un po’ di apprensione a guardare una dozzina di undicenni scatenati scivolare in pista e sperimentare i modi più fantasiosi di finire gambe all’aria, pregando che nessuno si facesse male veramente. E ho cominciato ad urlare come il più esaltato degli allenatori di calcio, dando consigli poco tecnici ma molto “da mamma”, davanti al divertito gestore dell’impianto nonché esperto pattinatore. “Andate piano! Chi non ha i guanti ritiri le mani dentro al giubbotto o alla felpa. Non state a lungo a terra se cadete, perché altrimenti vi bagnate! Venite fuori a riposarvi un po’”.  E ho distribuito fazzoletti e fatto video su richiesta e frugando in borsa ho scoperto anche un paio di guanti molto fashion acquistati giusto la settimana scorsa che sono finiti a coprire un paio di ossute mani arrossate.
E all’improvviso sono finita indietro di oltre vent’anni, su quella pista di pattinaggio di Courmayeur dove a sperimentare tutti i modi possibili per finire gambe all’aria ero stata io. Che alla fine la sfida non era quella di riuscire a pattinare, ma di riuscire a pestare pezzi di superficie corporea non ancora irrimediabilmente pesti. E ho ripensato alle mie ginocchia e alle mie natiche che per circa due settimane sono rimaste di un colore che ho sempre identificato come “color fegato”. Ma siccome in fondo devo essere un po’ masochista quei ricordi anziché tenermi a distanza di sicurezza dalla pista mi hanno fatto aprire la bocca per chiedere “me li da un paio numero trentasei?” E mentre fratellomaggiore richiamava l’attenzione dei suoi amici, sono entrata in pista. Ed è stato bellissimo sentire i loro consigli e le loro urla di incoraggiamento. Bellissimo perché per gli amici di mio figlio sono semplicemente “Sandra” e non “signora”, che altrimenti sarebbe stato un po’ più imbarazzante. Ma alla fine è arrivato anche il “signora!” ed era quello del gestore/pattinatore che mi suggeriva, udite udite, di non tenere le spalle dritte, ma di stare curva in avanti. Ora io sono ben consapevole di avere grosse difficoltà a tenere dritte le spalle anche quando mi impegno e se c’è una cosa che mi sento dire abbastanza spesso, specie dalla sister fisioterapista e dal marito medico sportivo, è di non tenere le spalle curve. Ed è un mio grande cruccio quello del portamento. Per cui il fatto che quell’agile uomo d mezza età, al centro della pista di pattinaggio abbia visto in me una donna con le spalle dritte, ha rischiato di farmi perdere la testa. Se solo fossi riuscita a mollare il corrimano credo che sarei scivolata verso di lui per abbracciarlo e farmi trascinare in una delle sue piroette. Ma dopo un paio di goffi tentativi ho deciso che non potevo perdere del tutto la dignità e tenendomi saldamente al corrimano sono uscita fuori, mi sono seduta con portamento assolutamente regale e ho chiesto a mio marito di sfilarmi i pattini.

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