I segni che mancano (sulle scarpe, ma non solo)

Mentre ritiro le scarpe che fratellomaggiore ha lasciato per l’ennesima volta in giro, resistendo alla tentazione di piombare in camera e ribadire il concetto davanti al professore di matematica, mi colpiscono vari pensieri.
Pensiero 1: cosa ci fanno le sue scarpe in giro visto che è impossibile che sia uscito? La domanda ovviamente è retorica, perché lo so bene che se non stanno ai piedi le scarpe possono servire solo a fare la porta da calcio, anche con metri quadri più adatti al Subbuteo che al calcio vero.
Pensiero 2: ma possibile che questa specie di transatlantici gemelli appartengano davvero al mio bambino, a quello che una volta aveva quei piedini coccoloso tutti da mordere?
Pensiero 3: sono troppo nuove. Lo so che può sembrare un pensiero strano, ma sono le scarpe di un quasi sedicenne, e per quanto il campione mondiale di demolizione scarpe in tempi record sia il fratello e non lui, non hanno addosso i segni che dovrebbero avere dopo tutti questi mesi. Mancano di vita, di graffi, di calci dati a un qualsiasi surrogato di pallone o anche a un muro per rabbia. Mancano di chilometri, di fango e di giri in lavatrice (che dopo un po’ cedi e ce le infili).
Col pensiero 4 torno alla realtà di quelli che questa partita se la stanno giocando scalzi (fuori e dentro metafora), chiudo le scarpe e i pensieri malinconici nella scarpiera e mi avvio verso la mia giornata.

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