La notte del buon consiglio

Premetto che non sono assolutamente in grado di scrivere un racconto. Non sono nemmeno una lettrice di racconti io, figuriamoci se so scriverne uno. Però mi sono imbattuta in questo raccontino scritto tempo fa per un altro blog e ho deciso di volerlo anche qui. Siate clementi.

La notte del buon consiglio

C’era il fuoco acceso. Pietro sentì il crepitio delle fiamme nel camino prima ancora di vederle. Eppure Teresa sarebbe dovuta essere a letto già da qualche ora. O era stato lui stesso ad accendere il fuoco con la forza del pensiero, tanto l’aveva desiderato ed evocato rientrando a casa a piedi, col freddo che gli era penetrato fin dentro le ossa?

Forse per il sollievo, forse per la stanchezza, forse per il sangue che aveva preso a circolare nuovamente nelle sue vene, in un impeto di euforia provò a testare ulteriormente le sue capacità di psicocinesi, utilizzando la forza del pensiero per accendere la luce. La lampadina però rimase ostinatamente spenta, al contrario delle guance di Pietro che si accesero di immediata vergogna non appena lo colse la consapevolezza di aver abdicato, anche se solo per un momento, alla sua solita razionalità. Stava dunque più realisticamente per allungare la mano verso l’interruttore, quando un movimento attirò la sua attenzione sul divano. Teresa, si alzò e rimase un istante ferma per riacquistare l’equilibrio, l’aspetto assonnato e arruffato contrastava con quello fiero e minaccioso del non meglio definito supereroe stampato sul plaid che la avvolgeva. Riuscì a rivolgergli comunque una muta domanda con lo sguardo, alla quale Pietro rispose con un leggero cenno affermativo. Lei accennò mezzo sorriso.

-“Non farci l’abitudine – disse indicando il fuoco – domani mi racconti com’è andata ho sonno, notte”.

-“Notte e grazie”, rispose Pietro sfiorando con le labbra i capelli della moglie.

Rimasto solo si lasciò cadere sul divano allungando i piedi verso il camino ringraziando ancora mentalmente Teresa per aver tenuto acceso il fuoco. Non che in caso contrario sarebbe morto di freddo. La loro casa era infatti dotata di un modernissimo sistema di riscaldamento, che lui come il resto della famiglia e di tutte le persone che frequentavano la loro casa trovava di solito assolutamente sufficiente. Di solito, ma non sempre. Non in giornate come quella in cui il suo bisogno di calore non si sarebbe placato con un semplice aumento di temperatura. No, aveva bisogno di quel calore che pervade tutti i sensi. Aveva bisogno di vederlo, di sentirne il rumore e il profumo. Aveva bisogno di sentirsene avvolto. Aveva bisogno del fuoco acceso nel cammino, insomma. E Teresa questo l’aveva capito. Ma d’altra parte la sua capacità di capirlo così profondamente era uno dei motivi per i quali l’aveva sposata. Un altro era il tempismo del suo sonno. Sembrava infatti che un sonno irrefrenabile cogliesse Teresa tutte le volte che lui rientrava troppo tardi e troppo stanco per chiacchierare o semplicemente quando voleva starsene in silenzio a leggere o guardare qualcosa in televisione. A volte poi il suo sonno interveniva a salvarlo da un destino atroce, come le volte in cui la moglie decideva che “bisognava” guardare insieme il festival di Sanremo o uno di quei varietà che vivono di rendita riproponendo in tutte le salse i migliori successi degli anni ’70-’80 e non perchè apprezzasse in alcun modo quella fiera di banalità canore e non o avesse qualche rigurgito di patriottismo, ma solo perchè quei programmi le ricordavano la sua infanzia. Nei primi tempi aveva provato ad opporsi, ma poi aveva imparato e cedeva magnanimo o addirittura si spingeva fino al punto di ricordarglielo lui, certo che sua moglie si sarebbe comunque addormentata prima dell’esibizione del primo cantante in gara, risparmiandogli quella pena e lasciandolo assoluto padrone del telecomando.

Quella sera era appunto una di quelle in cui aveva bisogno di stare un po’ per conto suo. Era stato un consiglio comunale lunghissimo ed estenuante e non si poteva dire che ne fosse uscito indenne. Ma da li a pochi giorni 120 disperati in fuga dalla guerra avrebbero avuto nel loro piccolo centro ospitalità degna di esseri umani. E all’altezza di un paese che aveva sempre fatto dell’accoglienza e dell’apertura a “l’altro” una propria bandiera. E questa per ora era la cosa più importante.

2 pensieri su “La notte del buon consiglio

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