In fondo è per quello forse che se non ho almeno due paia di avajanas di scorta mi sento male. E’ il ricordo indelebile dei santropè (li chiamavano così allora in paese e solo i più fighi e continentalizzati “cinesine”) tenuti su con la spilla da balia quando si staccava il bottoncino di gomma che fissava l’infradito alla suola. E non era nemmeno una questione di soldi, che per quanto ce ne fossero pochi le infradito di gomma scadentissima di allora te le lanciavano quasi addosso, ma è che bisognava andare “in città” a comprarne un altro paio, o aspettare qualche ambulante. Per cui almeno un giorno di spilla da balia te lo facevi, era la prassi. E se mentre camminavi la spilla si apriva e bucava la gomma erano dolori. Per non parlare del tallone, poi! La suola si consumava in pochissimi giorni rigorosamente nella parte interna (oggi saremmo tutti in fila per una visita posturale baropodometrica), per cui il tallone dopo pochi giorni di utilizzo toccava praticamente terra ed eravamo quasi felici quando si staccava il bottoncino rendendo pienamente giustificato un nuovo acquisto.
Si, magari è per quello che nella scarpiera ho praticamente una collezione di avajanas, perché anche se non si consumano e non si rompono molto facilmente, certi ricordi non sono facili da estirpare (e per fortuna, perché sono molto utili quando serve una scusa).
Recentemente ho rivisto qualche volta quel vecchio tipo di infradito assolutamente inadeguate anche solo alle scorribande estive di una ragazzina. Le ho riviste ai piedi di adulti e bambini che la vita la percorrono praticamente tutta in cammino. Chissà se in tasca hanno qualche spilla da balia.
Anche io le usavo! 😀
Sai che non sapevo si chiamassero così? Per me sono sempre “giapponesine” e non cinesine
…stranezze
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Noi chiamavamo “cinesine” delle scarpette di tela nera con cinturino e suola piatta in corda simile alle espadrillas…
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