
Roberto Innocenti, Cenerentola
A volte le cose non ci stanno oppure siamo noi che non stiamo a loro, ma in ogni caso è inutile provare a metterci un rimedio: l’unico rimedio possibile è la rinuncia. Succede con le scarpe, per esempio. E a me in quel caso fanno proprio infuriare i commessi che propongono la suoletta e mi devo proprio trattenere per rispondere solo un freddo “no, grazie”, mentre mi verrebbe da aggiungere che ci si può fare un infuso con la sua suoletta, che se Cenerentola avesse indossato la sua scarpetta con una suoletta sai che pasticcio. Ché magari avrebbe avuto la calzata perfetta di Genoveffa quella scarpa e no, non ci voglio nemmeno pensare.
A volte è un vestito, spesso uno dei miei preferiti, che però tira anche in punti non mappati nell’atlante anatomico. E allora lo tengo lì per un po’, poi un giorno mi decido a passare mentalmente allo scanner le donne della mia vita che potrebbero indossarlo meglio e lo infilo in un sacchetto.
Altre volte è un libro, uno che secondo molti sembra scritto apposta per-me-proprio-per-me e io-proprio-io non posso non amarlo. E invece io-proprio-io non lo amo per niente e mentre lo chiudo definitivamente a pagina 45 di 360 resistendo alla tentazione di lanciarlo, mi chiedo che idea di-me-proprio-di-me abbiano certe persone.
A volte poi sono proprio le persone che non ci stanno oppure siamo noi che non stiamo a loro e allora anche se ci era sembrato che e anche se fa un po’ più male delle scarpe, dei vestiti o dei libri è meglio lasciar perdere. Che tanto poi non ci sono suolette che tengano.
No, non ci sono suolette che tengano e nemmeno basta allargarlo giusto un centimetro in vita. Meglio catapultarlo fuori dalla propria vita (libro, vestito o persona che sia)
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Si, via, fuori.
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E se anche ci fossero, sarebbero inutili, anzi dannose. Un po’ come quelle per le scarpe
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Proprio così.
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