Come un certosino, come un monaco tibetano

rosarossaUna delle più belle dichiarazioni d’amore che io abbia mai sentito o letto è stata scritta da un quattordicenne. Si, è vero, succede in un libro, ma io sono davvero convinta che anche nella realtà ci sia molto da imparare dai ragazzi.
Dedicata a chi ha paura… anche dei propri bisogni sussurranti.

Euly, non voglio consolare nessuno per qualcosa che non è ancora successo: voglio dire, guardami in faccia. Non adesso, quando siamo insieme, sempre. Dimmi quello che vedi, sorridi se sorrido, fammi le smorfie se le faccio io: sta più attenta: non sempre sento quello che dici, qualche volta mi distraggo, sembro in ascolto ma penso ai fatti miei: uno dei miei rischi peggiori. Accorgiti di questo, pizzicami, dammi una sberla, un pugno nella pancia. Anch’io se vedo quelle mosche di superbia che ogni tanto ti saltano al naso, ce la posso fare ad alzare una mano e cacciarle via. Insomma, oltre a volerci bene, that’s the easier, se ci guardiamo negli occhi meglio di chiunque altro, se non ci salta in mente di metterci a seguire quelle coglionate di talkshow giovanili alla tele per risolvere i nostri problemi, se ci rompiamo le palle con abbastanza gentilezza, e magari divertendoci come facciamo nei momenti giusti, lo sai, magari accadono due cose di cui una sola mi piace, che spero, ma anche l’altra va bene: la prima è che, crepi la statistica, noi diventiamo vecchietti together, l’altra è che un giorno, senza bisogno di orrore e segreti, ci passa il morbillo e ci abbracciamo come fratelli, o migliori amici e via per le strade. Altro che poeta , l’hai trovata tu l’immagine giusta, Euly: congelati vivi, congelati guardandosi. Cioè non congelati per niente. Guarda che bella lettera lunga: una volta avresti fatto pazzie per tutte queste parole una in fila all’altra, adesso è probabile che ti verrà l’ulcera a leggerle. Ma non è proprio più quel gioco, Euly. E adesso, per terminare questo ultimo messaggio segreto, Dio, speriamo che non capiti in mano a tua madre o chissà, questo pezzo, sto per dirti, che ora come ora… Perchè vedi: a voce te l’ho già farfugliato una dozzina di volte, ma disolito non me lo lasci finire perchè mi sbatti l’apparecchio sugli incisivi. Qui invece lo posso scrivere lentamente, come un certosino, come un monaco tibetano, come un bambino piccolo che ha appena imparato a scrivere, che ora come ora ti amo.”

Da “Ciao, tu” di Beatrice Masini e Roberto Piumini

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