“Giaime Serca era un capo nel cuore, non nello sputo. Non era arrogante, non era crudele, non era spaccone; non puniva senza un motivo, non dava ordini invano, ma nessuno reggeva il suo sguardo, nessuno trovava mai niente di meglio da opporre alla forza e al senno delle sue opinioni”
Conosco diverse persone che hanno dato ai loro figli il nome di protagonisti di libri cari. Io no, io li ho scelti per il suono, prima di tutto. Niccolò mi è entrato dentro e ci è rimasto in una serata al cinema di tanti anni fa, troppo presto per un desiderio di maternità ancorché latente. Davano Io ballo da sola di Bertolucci, ed evidentemente quel nome e il ragazzo che lo portava sono le uniche cose che ho apprezzato del film, dal momento che non ricordo nient’altro. A colpirmi fu forse quel ritmo all’insù, in un momento in cui gli altri ritmi erano piuttosto piatti.
Giaime l’ho sentito per la prima volta qualche anno dopo, e forse era destino che lo sentissi proprio lì, all’ombra della Sella del Diavolo. Con gli amici di Amnesty volevamo organizzare un tavolino di raccolta firme nel porticciolo di Marina Piccola e ci aggiravamo in cerca dei gestori del Club per chiedere l’autorizzazione. Non sapevamo con precisione a chi dovessimo rivolgerci, ma da tutte le persone che incontravamo ottenevamo la stessa indicazione “Bisogna chiedere a Giaime”, come se dovessimo senz’altro sapere chi fosse. Alla fine lo trovammo Giaime e anche se non ricordo il suo volto di sicuro l’impressione positiva che mi fece doveva andare aldilà del fatto che ci diede subito l’autorizzazione per il banchetto. Sta di fatto che mi è entrato dentro anche quel nome e se il primo è stato Niccolò, il secondo “doveva” essere Giaime e chissà, forse per quello sono arrivati due maschi.
Poi però è arrivato anche il libro. Un libro che conoscevo, che avevo rimesso un sacco di volte al suo posto nello scaffale, ma che non avevo mai letto. Perché si, amavo molto il modo in cui il signore che l’aveva scritto usava le parole, ma quel libro era un libro fantasy e… ecco, non mi aspetto mai niente di buono da un fantasy io. Però quel signore un giorno, scrivendo una dedica su un libro di poesie al mio bambino, lo ha guardato dritto negli occhi e, con la sua voce che sembra arrivare come le sue parole da mondi incantati di antiche saggezze, gli ha detto: “Lo sai che io ho scritto una storia che ha come protagonista un ragazzo che si chiama come te? Il libro si chiama…” “Lunamoonda!” abbiamo concluso insieme. Era l’unico suo libro che non avevo letto, poteva essere solo quello.
E alla fine ha vinto la curiosità e l’ho letto quel libro ed è stata una grande emozione. Una di quelle emozioni che per descriverle mi servirebbe una delle metafore di quel signore che ha scritto la storia, mica così per dire. Un’emozione che ho sentito fortissima in un luogo imprecisato tra lo stomaco e la gola, come sintomo non riferibile con parole precise, ogni volta che Giaime il capo degli Ski-Lellè della banda Lunamoonda di Sella Dimoniu faceva o diceva qualcosa. E credo che d’ora in poi dirò una mezza bugia a chiunque dovesse chiedermi il perché di questo nome particolare. Parlerò magari sempre di Giaime Pintor, ma dirò soprattutto che Giaime è il protagonista di un bellissimo libro di Bruno Tognolini, un ragazzo “che non è un allievo: lui è la scuola. Lui è il cuore, il legame, il progetto. La volontà che tiene in piedi tutto questo…”
E per scoprire cosa sia “tutto questo” però bisogna leggere il libro e conoscere anche gli altri Ski-Lellè, i mezzi eroi maestri speciali di umanità che dal futuro di Sella Dimoniu o di qualche altro paradiso violato ci fanno sapere che loro ci sono e resistono anche per noi. Ma hanno bisogno del nostro aiuto.