E’ che mi sono accorta che qui, nel blog, non ne avevo mai parlato di Giulio. Non avevo mai chiesto da qui #veritàpergiulioregeni. E sono due anni che Giulio non c’è più. Due anni da quando è sparito (25 gennaio 2016), due anni da quando il suo corpo senza vita è stato ritrovato (3 febbraio) con segni che mai dovrebbero comparire sul corpo di un essere umano. Mai. In nessun caso. E non lo aggiungo “meno che mai nel corpo di un ragazzo come Giulio”, non vorrei aggiungerlo, perché “mai” e “nessuno” dovrebbero bastare. Non vorrei aggiungerlo ma mi scappa. Così come quasi contro la mia volontà mi scappa di dire che Giulio è un po’ figlio mio, anche se sono sempre stata contraria alle varie campagne all’insegna dell”io sono” declinato nelle varie lingue. Ché mi basta la quantità di dolore che riesco a provare per gli altri anche essendo semplicemente io. Giulio è un po’ figlio mio perché stava vivendo la sua vita come vorrei che la vivessero i miei figli, almeno per quanto riguarda l’impegno di cercare di rendere il mondo un posto migliore per tutti. Giulio è un po’ figlio mio perché nelle zone più buie della mia immaginazione, mi sono sempre spinta fino a quelle parti, dove Paola, sua madre è dovuta andare. Fino a molto prima, veramente, che fino a lì non sarei capace di arrivarci.  Ma ci ho indugiato in quei pressi, guardando in faccia quei mostri, immaginando dove ti può portare l’impegno e chiedendomi se si debba alimentare il coraggio di schierarsi dalla parte dei diritti, sempre e in ogni caso.
Giulio è un po’ figlio mio e qui non poteva mancare.
#Veritàpergiulioregeni sempre, fino a quando l’avremmo ottenuta.
E anche allora #veritàpertuttiglialtri, anche nel nome di Giulio.